mercoledì 3 ottobre 2012

La nascita del Comitato è il sintomo di una patologia*


di Roberto Monfredini, esperto del Comitato


Una delle osservazioni più frequenti in questi mesi è stata: “ma scusate, volete andare a mangiare la pizza e stare bene … e allora di cosa vi lamentate?” Voce di popolo. Non isolata, ma costante. A volta urlata lungo la strada, con anche apostrofi non proprio bellissimi. Il 30 novembre, nella sala di Castelnuovo [all’assemblea pubblica sulla centrale organizzata dal Movimento 5 Stelle di Castelvetro], avevamo compreso poche cose, ma fondamentali. Il cat 1, il camino di 15 metri, la probabile diossina nell’aria, l’arrivo a Castelvetro di mezzi pesanti con scarti animali dalla Lombardia ed in ipotesi da altre Regioni o Stati e poche altre cose, ma soprattutto la voce del popolo infuriata per la mancanza di informazione, in particolare degli agricoltori e allevatori consorziati di Castelvetro e limitrofi. Un gruppo di coraggiosi  il 16 dicembre si costituisce in comitato. Circa 20 persone. Poi come sempre accade alcuni lasciano altri entrano, il gruppo si salda, si definisce apartitico, stabilisce le gerarchie, prende un codice fiscale … e comincia  il lavoro di opposizione.

Rappresentanti del Comitato No Impianto a Biomasse Inalca in occasione di una manifestazione a Castelvetro
L’impresa sembra ardua in quanto l’imprenditore non è che il primo gruppo italiano di macellazione e trasformazione bovina ed in quei momenti arrivano consigli volti a farci abbandonare la causa in quanto già perdenti all’inizio, considerando la potenza economica dell’imprenditore e dei suoi studi legali. Invece il comitato va avanti e studia.
La strategia si basa su vari livelli :

  • comunicazione a mezzo sito web: in alcuni giorni è pronto;
  • raccolta firme immediata nei tre comuni coinvolti;
  • studio particolareggiato del progetto che comprende l’analisi completa della parte sanitaria, l’analisi completa della parte emissiva, l’analisi completa della parte energetica. A vantaggio del comitato c’è il fatto che al suo interno si trovano un laureato in fisica ed uno in veterinaria. Inoltre si avvale della collaborazione di uno studioso di fama in tema  di nanoparticelle;
  • informazione capillare con incontri dedicati alle associazioni di categoria, Coldiretti, CIA, Consorzio del Lambrusco, Consorzio del Parmigiano Reggiano, ecc.;
  • identificazione di una sala per un ritrovo settimanale di carattere organizzativo del comitato;
  • incontro con i politici del territorio;
  • assemblee cittadine informative del progetto, una per comune coinvolto;
  • comunicati stampa continui;
  • assemblea con i produttori del territorio in loco;
  • lettere a tutti gli enti preposti, oltre alla Provincia che è titolare del procedimento: Ministero della salute, EFSA, Ministero della salute Europeo DGSANCO, Regione, Sanità regionale, Azienda USL di competenza;
  • rapporto scientifico con l’Università di Bologna, facoltà di medicina veterinaria;
  • comunicazione a mezzo volantini, fiere, sagre, biciclettata;
  • consegna delle 5000 firme alla Provincia ed ai Comuni interessati.

La comunicazione ha avuto luogo su piani diversi in un breve arco di tempo chiedendo il rispetto delle regole con tutti gli interlocutori, dalla consegna delle firme al Comune di Castelvetro, al presidente della Provincia, fino alla comunicazione a tutti gli organi sanitari della Regione, citando il fatto  che a nostro avviso una evidente norma  sanitaria UE relativa al cat 1 veniva disattesa dal progetto.
Cosa abbiamo compreso da una VIA (Valutazione di Impatto Ambientale)  o AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) in corso? Semplicemente che esiste un gioco delle parti. E’ come essere in una “guerra fredda”, nella  quale devi prevedere le mosse del “nemico”. Esiste una negazione continua di dati rilevanti, forme di ricatto fra comuni partecipanti alla stessa AIA, rapporti tesi e distesi fra comuni che sono all’interno dell’Unione, che fa da ponte fra loro e scava un solco con i cittadini, una forma di democrazia che esiste solo sulla carta, ma nella realtà il muro è ben solido. Occorre capire, ragionare, studiare e se si sospettano violazioni di leggi, facilmente vi sono strutture pubbliche che negano che questo accada. Allora occorre uscire dall’immobilismo  aggirando l’ostacolo, producendo documentazione e mettendo le istituzioni protagoniste davanti alle proprie responsabilità.

Roberto Monfredini interviene all’assemblea pubblica presso lo Spazio Famigli a Spilamberto (foto del 9 marzo 2012)
Per noi è stato un gioco di nervi. Dalla prima assemblea nella quale sembrava tutto approvabile dalla ditta stessa, all’ultima nella quale per sito, regolamento sanitario  europeo ed emissioni non vi era nulla che era a posto. Il comitato si è incuneato in questo solco che prima era di qualche millimetro poi è diventato una voragine .
Ringrazio per l’elogio per cui l’esperienza del comitato potrebbe “far scuola” ad altri [espresso da A. Paltrinieri sul blog AmareVignola - ndr]. Risulta evidente che navigando per la prima volta dentro un comitato si viene a conoscenza diretta della frantumazione della società, della scarsa responsabilizzazione collettiva, della delega che viene data a strutture che ormai hanno appreso come utilizzare i canali istituzionali per continuare ad esistere e soprattutto della opacità diffusa nella quale navigano a vista pseudopolitici  più occupati a proteggersi  le spalle  per mantenere lo status quo che a sviluppare la creatività sociale nel rispetto della legge. La disinformazione o la scarsa informazione germoglia in questo terreno melmoso fatto di arroganza, poteri acquisiti, complicità a tutti i livelli e “saldatura” fra politicante e imprenditore. Uso la parola politicante per non offendere la parola politico che ha un significato nobile e per questo non può certo essere riferibile, in modo generalizzato, all’intera classe degli attuali amministratori. Nel nostro caso non si può parlare di salvare il proprio territorio o il proprio giardino [come allude l’acronimo Nimby, Not In My Back Yard – Non nel mio giardino], in quanto le norme legali già vietavano tale insediamento ancora prima di presentare  il progetto. Il comitato è stato un megafono acceso al massimo volume e fino a quando non hanno sentito, non abbiamo smesso di urlare. La cosa paradossale è stata che occorresse urlare per farsi ascoltare, quando semplicemente sottovoce in qualsiasi paese europeo si sarebbe bocciato un progetto simile in quanto non in linea con i regolamenti sanitari europei, come la Provincia ha dovuto ammettere dieci mesi dopo il deposito della domanda (sic).

Una slide che raffigura la simulazione della diffusione nell’aria degli ossidi di azoto dalla Centrale Inalca, presentata all’assemblea pubblica a Spilamberto (foto del 9 marzo 2012)
La cartina geografica dell’Europa, dell’Emilia, di Modena e di Castelvetro, base delle relazioni iniziali alle assemblee, evidenzia il fatto che siamo il territorio più inquinato d’Europa e quindi i cittadini sono preoccupati, ora, per la salute loro e dei loro figli, ma con basi scientifiche e non con preoccupazioni “da giardino”. Non siamo la Val Badia che non vuole una strada! Qua siamo già a mille strade e mille capannoni e con il prossimo siamo defunti.
Il connubio imprenditori–politicanti ci ha portato ad avere concentrazioni di patologie in ampie zone del Modenese che sono sopra la media nazionale. Dovrebbe bastare questo solo dato a spingere a bonificare il territorio e non a sfruttarlo ancora per lasciare qualche rudere di capannone vuoto dove vi erano alberi. A cento metri da casa mia scorre il piombo nel rio Maldello, vi sono campi cerchiati con nastro che attendono una bonifica da decenni e che ormai riecheggia come  una parola vuota  di significato … Siamo nei 15 siti italiani con la maggior incidenza di tumori, siamo contornati da capannoni in amianto, persino la scuola elementare è tuttora coperta di amianto. Non è più il giardino questo!
Ritengo un comitato un’associazione inutile, non rappresentativa, senza deleghe e profondamente di parte. Ma nella nostra regione ed in particolare nel nostro caso, diventa fondamentale e lo si evince dalla marea di comitati che riescono ad impedire la costruzione di impianti insalubri, contrastando l’inosservanza delle leggi attualmente in vigore in Europa da parte delle autorità preposte. E contrastando quelle pratiche di potere “informale” per cui certi interessi possono esercitare potenti pressioni fino ai massimi livelli per conseguire il loro scopo lucrativo nelle maglie di leggi e leggine, troppo spesso ad hoc. Quando si romperà  la saldatura fra potere politicante e una certa imprenditoria significherà che si potrà riaprire  un periodo di democrazia rappresentativa che non è solo quella del voto ogni 5 anni … e giustamente non avrà senso la presenza di comitati sul territorio perché non vi saranno ostacoli all’informazione tempestiva, corretta, comprensibile e puntuale ai cittadini.
Il comitato nasce quindi da una patologia della società. Significa che la società è malata. Che la politica è malata. Sarebbe come a dire “non tossire se hai mal di gola”. La tosse è fisiologica per espettorare il muco. Lo svenire è fisiologico al ripristino della pressione. Il dolore è il segnale d’allarme. Insomma il comitato dei cittadini rappresenta la sintomatologia  di una patologia multifattoriale ben più grave che ha radici profonde nel nostro praticare il rapporto tra ambiente –cittadino – istituzioni – salute.

* L'articolo è stato già pubblicato sul blog www.amarevignola.it, dal quale sono tratte anche le foto

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